Il gioco degli abbinamenti tra musica e birre.
Oggi anche l’Italia è sempre più lanciata verso la produzione di craft beer, ovvero la birra artigianale, ma per far questo sono dovuti cadere molteplici luoghi comuni. La birra, infatti, non è un’unica bevanda chiara, gassata, dissetante. Al contrario, ha tanti stili diversi e ogni stile ha il suo colore, la sua schiuma e la sua gradazione alcolica; ha il suo bicchiere di servizio, le sue caratteristiche di spillatura e, ovviamente, la sua musica d’accompagnamento.
Bere una English Ipa, in una public house di Londra, ascoltando i Clash, può essere totalmente diverso che ascoltare Frank Zappa sorseggiando un Barley Wine stravaccati sul divano di casa. Canticchiare i Velvet Underground degustando un Lambic a Bruxelles è un’esperienza differente dal dissetarsi con una Pils ceca nel bel mezzo di una dancehall in agosto. E poi: la birra può essere maturata in legno così come un buon dj può trasformare un vinile in un vero e proprio strumento, l’amaro luppolato di una American Pale Ale può risultare ancor più fresco della chitarra dei NOFX.
A suon di pinte vuole essere un viaggio tra le birre, con un motivo musicale in testa per ogni bevuta, per dare una storia passata e futura alla nostra bevanda preferita e per non farci più prendere in giro dagli amici stranieri per i pochi litri pro-capite consumati nel Belpaese.