Stevenson creò, con questi lunghi racconti intrecciati tra loro e incentrati sulla figura semirealistica del principe di Boemia, un’invenzione letteraria in cui luoghi e persone all’apparenza consueti vengono investiti da un soffio di sbrigliato romanzesco. È, senza dubbio, “un’atmosfera da giallo poliziesco, che resta tuttavia avvolta in una nebbia fabulosa, un’atmosfera tangibile e impalpabile insieme, come solo si possono trovare a Londra e a Parigi”, in cui, come in un sogno, gli avvenimenti illogici non causano sorpresa: i morti non mancano, oltre ai suicidi per interposta persona, e agli avvelenamenti, c’è persino un cadavere rinchiuso in un baule, ma il lettore si adagia nelle pieghe della narrazione, sorretto di continuo dal sottile ammiccare dell’autore che l’avverte che si tratta soltanto di scintillanti fantasie.
Appoggiatevi sul parapetto e guardate giù. Vedete come lì sotto scorre impetuosamente l’acqua? Ebbene, altrettanto impetuosamente le passioni, le complicazioni e i contrasti della vita trascinano via con sé l’onestà delle creature più deboli e fragili.
Robert Louis Balfour Stevenson (1850-1894) scrittore, poeta e drammaturgo scozzese celebrato per il geniale spirito d’osservazione e il delizioso umorismo. Nel 1886 scrisse Dr. Jekyll and Mr. Hyde, romanzo che contribuì molto a estendere quella popolarità che la pubblicazione de L’isola del tesoro, avvenuta nel 1883, gli aveva procurato. Dopo molti viaggi nei mari del sud, stabilì la sua dimora a Upolu, la principale delle isole Samoa. Qui visse dal 1890 fino alla morte.